Italianizzazione dell'Alto Adige

Tirolo storico: mentre la parte meridionale del Tirolo, odierno Trentino, era di lingua italiana, la parte centrale, passata anch'essa all'Italia nel 1919, era abitata a grande maggioranza da popolazioni di lingua tedesca.[1]

Con italianizzazione dell'Alto Adige si intende quel processo, imposto dalle autorità italiane, avvenuto successivamente alla prima guerra mondiale che vide l'adozione della lingua italiana come lingua ufficiale in Alto Adige[2], l'italianizzazione completa della toponomastica ufficiale preesistente tedesca nonché l'immigrazione interna da altre regioni d'Italia, favorita da una politica industriale.[3] La provincia, la cui popolazione nel 1919 era composta da una larga maggioranza di lingua tedesca e da minoranze di lingua italiana e ladina (il 90% madrelingua tedesca e il 4% ladina)[1] divenne ufficialmente parte del Regno d'Italia con il Trattato di Saint-Germain del 1919.

Con il decreto dd. 08.08.1923 n. 12637 Gab. emesso dal Prefetto Guadagnini in attuazione del R.D. 21.1.1923 n. 93,venne vietato l'uso del termine Tirolo [4]. Verranno poi, in aggiunta, vietate qualsiasi manifestazioni di commemorazione o ricordo dei caduti in divisa austro-ungarica, per paura che avrebbero potuto generare una manifestazione patriottica anti-italiana [5]

Il 24 ottobre 1923[6], un decreto prefettizio mise fine all'insegnamento in tedesco nella provincia[7] recependo le disposizioni nazionali del decreto del Re del 1º ottobre 1923, n. 21852; in risposta a ciò, si assistette alla creazione delle Katakombenschulen ("scuole nelle catacombe"), ad opera di Michael Gamper e Josef Noldin, dove si seguitava ad insegnare clandestinamente ai bambini la lingua tedesca.

Nel 1939, con l'accordo sulle opzioni in Alto Adige, Adolf Hitler e Benito Mussolini concordarono che i cittadini di lingua tedesca residenti nella suddetta provincia potessero decidere se emigrare in Germania o nella Crimea (annessa in seguito all'invasione dell'Unione Sovietica al Grande Reich tedesco), oppure rimanere in Italia ed accettare la loro completa italianizzazione. Coloro che restarono vennero denominati Dableiber (letteralmente "i rimanenti") e furono additati come traditori, mentre coloro che decisero di andare (Optanten) vennero tacciati di filonazismo. Dei 246.036 aventi diritto, 211.799 optarono per la cittadinanza tedesca e l'emigrazione, mentre 34.237 decisero di rimanere: tuttavia, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, l'accordo non fu mai pienamente attuato, e gli emigranti effettivi furono circa 75.000.[8]

  1. ^ a b Oscar Benvenuto (a cura di): "Alto Adige in cifre 2008 ASTAT, Bolzano 2007, p. 19, Tabella 11.
  2. ^ in tedesco storicamente Mitteltirol (usato però solo spuriamente) e poi Südtirol, termine con cui si indicava storicamente l'odierno Trentino - in alternativa alla dizione Welschtirol - o l'intera regione Trentino-Alto Adige, cfr. Tirol - Trentino: eine Begriffsgeschichte / semantica di un concetto (Geschichte und Region/Storia e regione, 9), Vienna-Bolzano, Folio, 2000. ISBN 3-85256-149-3
  3. ^ Per uno sguardo complessivo Carlo Romeo, Alto Adige/Südtirol XX secolo. Cent'anni e più in parole e immagini, Raetia, Bolzano 2003. ISBN 88-7283-197-0
  4. ^ Sulle vicende agricole della Valsugana (PDF), su ecovalsugana.net, p. 141.
  5. ^ Giorgio Giannini, LA ITALIANIZZAZIONE DELL'ALTO ADIGE DURANTE IL REGIME FASCISTA (PDF), su pacedifesa.org, p. 10.
  6. ^ Karl Wieninger, Südtiroler Gestalten, Athesia 1977, pag. 339 (libro con biografie di personaggi sudtirolesi).
  7. ^ "Manuale dell'Adige Adige 2009", pag. 23, edito dalla Giunta provinciale di Bolzano
  8. ^ "Manuale dell'Adige Adige 2009", pag. 25, edito dalla Giunta provinciale di Bolzano

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